
A Serra de' Conti, nel cuore della terra del Verdicchio, il 27, 28, 29 novembre 2009 si terrà la decima edizione della “Festa della Cicerchia”, manifestazione che si è guadagnata un posto d’onore fra le numerose feste e sagre dei dintorni, espandendo la propria fama anche oltre i confini marchigiani. La protagonista della festa è la cicerchia, un legume povero che per secoli ha fatto parte della nostra cultura alimentare. Leguminosa originaria del Medio Oriente, già diffusa al tempo dei Greci, fu conosciuta ed apprezzata dai Romani (in latino “cicerula”). La coltura della cicerchia è continuata attraverso i secoli nelle aree collinari dell’Italia centromeridionale fino a qualche decennio fa, allorché cadde in disuso. La “Festa della Cicerchia” si propone come occasione di riscoperta dei sapori della memoria, legati a tradizioni ed usanze della nostra terra, come viaggio a ritroso nel tempo ricco di piatti e prodotti tipici che rappresentano veri e propri tesori di patrimonio collettivo da salvare dall’estinzione. Coltivata con tecniche a basso impatto ambientale, la cicerchia è oggi nuovamente posta all’attenzione dei gastronomi, ristoratori ed amici della buona tavola, desiderosi di riscoprirne il semplice ma ricco sapore che ben si presta ad innumerevoli ricette. La festa si svolge nel centro storico di Serra de’ Conti, all’interno delle mura medievali, e si snoda lungo tutte le vie, i vicoli e le piazze del paese, illuminate per l’occasione da ceri e foconi. Su queste vie aprono le porte ben venti suggestive cantine ove è possibile gustare la cicerchia in varie ricette: in pagnotta, in laboriose zuppe con passato di legumi e carne, in squisite creme. Accanto alla “regina” cicerchia, troviamo altri prelibati piatti: i maltagliati, il lardo aromatico,la polenta, la pancetta in salmì, i vincisgrassi, lo stoccafisso, le tagliatelle tutta staccia alla contadina, le cresce, il coniglio in porchetta, la panzanella, il guanciale, la brustenga, nonché vari dolci preparati con farina di cicerchia, il tutto innaffiato con l’ottimo vino delle generose colline marchigiane. La cura e l’attenzione che contraddistinguono da sempre la scelta dei piatti e delle ricette proposte rendono la Festa della Cicerchia una manifestazione imperdibile per gli amanti della buona tavola. E dopo aver soddisfatto a volontà il palato, vale la pena fare una passeggiata per le vie del paese alla scoperta delle varie mostre fotografiche e pittoriche; delle lavorazioni di artigianato artistico (vimini, maioliche decorate, terrecotte, lavori in legno e ferro, merletti) e del suggestivo Museo delle Arti Monastiche. Tutte e tre le serate saranno allietate dalla presenza di trampolieri, cantastorie, artisti di strada, arcieri e gruppi folkloristici che sfileranno in costume e si produrranno nell’esecuzione di canti e balli tipici. Per avere informazioni dettagliate sulle iniziative presenti nei tre giorni della festa e sui menù proposti dalla numerose cantine è possibile visitare il sito ufficiale della manifestazione.
Ode alla cicerchia
In principio c'era mia nonna.
A primavera seminava i fagioli, ceci, cicerchia,generalmente tra il granoturco, per sfruttare ipiccoli spazi esistenti tra un solco e l'altro.
In agosto, raccolte le cime del granoturco perl'alimentazione bovina, le pannocchie maturavano al sole estivo e i legumi sottostantivenivano accuratamente raccolti.
Andavo con lei, strappavo dal suolo gli arbustiinteri carichi di baccelli ormai maturi, si facevano dei fasci, si caricavano sulle spalle e si portavano nell'aia.
Raccolti in piccoli mannelli, venivano appesi su una parete assolata fino a che, da lì a qualche giorno, fossero pronti per la battitura.
Avere fagioli, ceci e cicerchia era gia una garanzia per l'inverno chepresto sarebbe arrivato e ogni donna sapeva governare con misura lerisorse della casa.
Dopo la battitura con ampio crivello, la cicerchia veniva ripulita e le ultime pule del baccello spezzato se ne andavano al soffio della brezza pomeridiana, quando la cicerchia veniva ventilata a mano,all'ombra di un grande olmo.
Allorchè mia nonna ci lasciò, negli anni Sessanta, anche la cicerchia uscì dalla nostra vita.
Era un legume povero, la buccia era troppo dura, il sapore meno delicato dei ceci, l'uso meno versatile rispettoai fagioli.
Trent'anni dopo sono venuto a sapere che in un angolo dellenostre colline, a Serra de' Conti, qualcuno coltivava ancora la cicerchia, quella minuta e saporita che avevo conosciuto da bambinoe non quella grande insipida che le multinazionali fanno coltivare nelCentro America, per lo più per l'alimentazione animale.
Mi sono lasciato prendere da un segreto entusiasmo; riscoprire la cicerchia era come rinverdire una sana radice.
"Non è giusto - mi sondetto - che i miei antenati abbiano assaporato per secoli il saporedella cicerchia e proprio io interrompa questa catena".
Così abbiamo deciso di riprenderla con cura, l'abbiamo rivestita a festa, servendola fumante, d'inverno, dentro una calda pagnottacon un filo d'olio extra vergine di oliva e i profumi dell'orto.
Sacro è il pane sulla tavola, fragranti sono gli aromi, dolce è la nostracicerchia della Marca di Ancona.