sabato 19 dicembre 2009

Donne o Dee. Le figure femminili preistoriche nelle Marche


MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DELLE MARCHE FINO AL 30 MARZO 2010 ORARIO 8.30 – 19.30, CHIUSO IL LUNEDÌ INGRESSO LIBERO
Gli archeologi le hanno definite convenzionalmente “Veneri”, con l’antico nome della dea romana della bellezza e dell’amore, ma l’interpretazione delle statuette femminili preistoriche è in realtà molto più complessa. Lo straordinario ritrovamento della statuetta di una Venere del Paleolitico superiore a Frasassi, ha offerto lo spunto per offrire una riflessione su questo affascinante tema e presentare in questa esposizione, realizzata dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche con il contributo del Consorzio Grotte di Frasassi e di iGuzzini illuminazione, altre piccole sculture emerse da varie località delle Marche e conservate presso il Museo Archeologico Nazionale delle Marche di Ancona.
Queste testimonianze di arte preistorica definita “mobiliare”, ossia espressa da opere di piccole dimensioni ricavate da pietre, ciottoli, ossa scolpite o incise, e comunque ’mobili’, sono riferibili a un lungo arco cronologico, che documenta nella nostra regione un’attività artistica dal Paleolitico Superiore (circa 25.000 anni fa) fino al Neolitico (circa 6.000 anni fa).
La Venere di Frasassi rientra, per lo stile e per le proporzioni, nel novero delle „Veneri paleolitiche“ e va ad arricchire il repertorio delle figurette femminili che si possono definire naturalistiche e che in Italia contano, oltre alla Venere di Frasassi, altri dieci esemplari provenienti da siti, per lo più grotte. La preminenza delle figure femminili rispetto a quelle maschili nell’arte dei cacciatori-raccoglitori paleolitici lascia intravedere un ruolo di spicco della donna nella cosmologia e nei rituali, forse in relazione alla sua funzione riproduttiva.
Accanto alla Venere da Frasassi, realizzata su stalattite, è presente in mostra la Venere di Tolentino, incisa su un ciottolo utilizzato come percussore (si vedano le tracce di impatto ad entrambe le estremità), che è attribuibile al tardo Paleolitico superiore. In quest’epoca il mondo dei cacciatori-raccoglitori, giunto al suo apogeo, sta subendo dei cambiamenti irreversibili, in parte legati a nuovi assetti ecologici, di cui questa misteriosa immagine potrebbe costituire un riflesso. Sul piano figurativo conserva tuttavia delle tradizioni ben radicate, che esprimono una profonda sintonia con la natura e in particolare con il mondo animale.
Le altre statuette esposte in mostra appartenenti al Neolitico, la Venere di Fano e gli idoletti in terracotta da Ripabianca di Monterado, documentano che la variabilità delle raffigurazioni neolitiche femminili è maggiore rispetto a quella dei periodi precedenti. Del tutto nuova, nel Neolitico, appare anche l’associazione a contesti rituali come sepolture o strutture templari, che segna un esplicito riferimento ad una simbologia di tipo “religioso”. Il posto della donna nella società è evidentemente cambiato, in relazione all’affermarsi dell’economia produttiva, in cui la famiglia riveste un ruolo centrale come garante della continuità del processo produttivo.